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mercoledì 29 ottobre 2014

E se il futuro del giornalismo parlasse olandese?

Il grande giornalismo merita una grande esperienza di lettura”. È questa l’idea che ha dato impulso e vita a Blendle, una start up olandese si descrive come l’iTunes del giornalismo.
La piattaforma online di Blendle, sebbene sia stata lanciata solo sei mesi fa, ha già stipulato contratti con la maggior parte degli editori di giornali e riviste dei Paesi Bassi e del Belgio, oltre ad aver  recentemente firmato anche un accordo con l’editore dell’Economist.

A Blendle, come si legge sul sito, odiano i paywall. Fanno registrare ad ogni quotidiano online che vogliamo leggere. Fanno pagare abbonamenti mensili, anche per contenuti che non leggeremo mai.  In Blendle, l’approccio è diverso: gli utenti pagano solo per il singolo articolo e, se non lo trovano interessante, o all’altezza delle aspettative, vengono rimborsati. I lettori hanno inoltre la possibilità di vedere quali articoli leggono i loro amici o personaggi noti, oppure concentrarsi su un unico topic.
Blendle ha 130.000 utenti nei Paesi Bassi, il 20% dei quali si sono aggiunti dopo il periodo di prova. Gli articoli costano in media 20 centesimi e agli editori vanno il 70% delle entrate. Il 60% degli utenti ha tra i 20 e i 30 anni.

La startup ha catturato l’attenzione dei grandi editori di giornali negli Stati Uniti e in Europa, molti dei quali sono alle prese con il calo delle vendite e la diminuzione dei ricavi dalla pubblicità. Due nomi su tutti: New York Times Co. e l’editore Tedesco Axel Springer, i quali hanno sottoscritto un accordo per investire 3,8 milioni di dollari (3 milioni di Euro) in Blendle, come riportato dal Wall Street Journal. In questo modo i due si sono assicurati il 23% della start up, quotata circa 13 milioni di Euro.

Alexander Klöpping, co-fondatore ventisettenne di Blender, ha affermato che l’investimento (di cui si da ampia visibilità sul sito) potrebbe fare da propulsore per un’espansione in Europa. “L’approdo in Germania costituirebbe un passo naturale, ma va anche valutata la volontà degli altri editori di stare al passo”, ha dichiarato. “La massa critica è importate”, ha poi aggiunto.

Come raccontato dall’ex cronista del Washington Post Robert G.Kaiser, su The Brookings Institution, un dato in particolare riflette il declino della stampa tradizionale: la raccolta pubblicitaria dei giornali di tutta l’ America è scesa dai 63,5 miliardi dollari del 2000 ai circa 23 miliardi dollari del 2013, ed è ancora in calo.
Il benessere finanziario degli organi tradizionali dipendeva dalla volontà di inserzionisti di pagare per raggiungere il pubblico di massa che erano capaci di attrarre. Gli inserzionisti sono stati felici di pagare perché nessun altro mezzo pubblicitario risultava tanto efficace. Ma nell'era digitale, che ha reso relativamente semplice  il modo di indirizzare la pubblicità in modo molto specifico, un grande giornale metropolitano o nazionale ha molto meno appeal. Aziende come Google e Facebook sono in grado di catalogare il pubblico in base a criteri più specifici, e, quindi, di offrire agli inserzionisti la possibilità di spendere i loro soldi solo sugli annunci che raggiungeranno solo le persone davvero interessate a quello che stanno vendendo. Google, il “maestro” della pubblicità su misura, è in grado di fornire a un rivenditore di asciugamani e lenzuola un pubblico composto esclusivamente da persone che nell'ultimo mese hanno fatto esattamente questo tipo di acquisti. Questo spiega il motivo per cui anche i ricavi dei giornali sono crollati, mentre le entrate pubblicitarie di Google sono balzate verso l’alto anno dopo anno, partendo dalla chiusura di  70 milioni di dollari nel 2001 a un sorprendente 50,6 miliardi dollari nel 2013. Questa cifra è più di due volte il totale degli introiti pubblicitari di tutti i giornali d’America l'anno scorso.

Se questo approccio ha funzionato per la pubblicità, hanno pensato a Blendle, dove sono “estremamente contrariati sulla direzione presa dall’industria del giornalismo”, potrebbe funzionare anche per le notizie. Se il loro sia un sistema di successo, in grado di tracciare un nuovo modo di fruire l’informazione, è ancora presto per dirlo. Di sicuro, si propone come un’innovazione di un mondo (quello del giornalismo) che non può ancora a lungo continuare sullo stesso sentiero.