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giovedì 11 giugno 2015

Buttiamola in polemica

In principio, fu Fedez: notte “brava”, rissa per un selfie non concesso, bottiglia in frantumi, screzi con la Polizia, e tutto il resto. Inutile stare a descrivere l’accaduto anche perché, sulle (dis)avventure del “coso dipinto”, per dirla alla Gasparri, ci siamo potuti fare un’idea tutti quanti.

In seguito, venne Facci: l’editorialista (!) di Libero, in un articolo commissionato dal suo vicedirettore e mal digerito, paragona il suo pezzo ad un fallimento personale. Il povero Facci è dovuto infatti passare da articoli che “potevano far aprire inchieste e dimettere ministri” (invito chiunque a segnalarmeli, se li ha visti), a corsivi su tamarri 25enni che mostrano gli addominali via Twitter. Insomma, la morte del giornalismo.


Infine, si palesò Wired: il giornalismo, si legge, è ormai consapevole del proprio fallimento, perché scrive solo per ottenere click, che si ottengono – udite udite – con la polemica. È la polemica che tira, tutto il resto non conta. Per dirla con parole loro, si sta assistendo ad un cortocircuito, con “il giornalismo che punta la pistola alla tempia del pubblico, il pubblico che punta la sua alla testa dell’editore e l’editore che spiana il ferro contro il giornalismo”.


Ecco, ora io il pezzo l’ho letto più volte e, pure se non si capisce immediatamente da che parte vogliono stare, si capisce invece il motivo per cui il pezzo è stato scritto: fare polemica.